Archivio Vittorio Mascherini

una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza

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DIARIO DEL FURIERE FRANCESCO ORLANDI

Dicembre 1916

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Chiamata alle Armi

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Dal 1881 data della mia nascita, quindi nel 1901, il 12 Luglio, mi presentai al distretto di Bologna per il sorteggio del numero. L’estratto fu il n° 1837. Alla visita medica fui abile, ma passato di terza categoria perché figlio di madre vedova, esentato quindi dal servizio militare e in data 13 Luglio 1901 mi venne rilasciato congedo illimitato.  Scoppiata nel 1914 la guerra fra le maggiori nazioni europee ed essendovi il 24 Maggio 1915 intervenuta anche l’Italia, ben presto anche le classi di terza categoria furono chiamate in servizio militare.  Difatti il 7 Agosto detto anno furono chiamati alle armi trentatré distretti secondari della terza categoria del 1881 e così io potei rimanere ancora escluso, non essendovi compreso il distretto di Bologna.  Ma con decreto luogotenenziale il 3 Febbraio 1916 furono intimati i rimanenti distretti a presentarsi per il giorno 7 stesso mese.

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Dicembre 1916

Omissis

( Da pagina N°3 a pagina n°288 )

Alla fine della pagina N°289 sta scritto :

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Il 21 Dicembre 1916 fu mandato a comandare la nostra Compagnia ( 155° Reggimento Fanteria  ) il Sottotenente Mascherini signor Vittorio, al quale approntai un ruolino al completo prima di sera.

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Il 22 si fecero provviste per il prossimo Natale alla mensa Ufficiali a mezzo del Direttore di Mensa Sottotenente Cappelli.

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Il 23 il Sergente Riganelli fu chiamato dal Generale Comandante la Divisione che volle conoscerlo personalmente. Gli disse che noi eravamo di riserva, ma che dopo le feste avremmo dovuto ritornare in Prima linea, certamente alla Quota 208 Sud. Vi furono poi rapporti al Comando di Battaglione per opuscoli clandestini portati dai militari di ritorno dalla licenza, nei quali si invitava il soldato a non proseguire la guerra ed a voler per forza sollecita pace. Servì molto a sedare il malcontento generale la notizia portata dal giornale in cui era scritto della mediazione del Presidente degli Stati Uniti Wilson, per indurre le Potenze belligeranti a mettere in tavola i loro desideri per potere iniziare le trattative di pace.

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La Domenica 24 Dicembre doveva aver luogo la S. Messa in un campo a Cassions di Mure con la premiazione degli Arditi, ma per la forte pioggia la funzione non ebbe luogo. Alle ore 20 ci mettemmo a cenare in una lunga tavolata frammezzati alle donne di casa e vicine, le quali fra noi si trovavano come pesci fuor d’acqua. Verso le ore 21 avemmo la gradita visita del Sottotenente Ciccanti col suo mandolino. Fu pregato di suonare e la comitiva divenne allegra fra canti e suoni, inni guerreschi ed anche........... l’inno dei lavoratori ! Io facevo la voce bianca, con meraviglia dei presenti, data la mia abituale serietà ed il mio carattere poco ciarliero. Che volete, rammentavo gli anni passati in quella serata, e le feste successive che passavo allegramente e cercai di allontanare il pensiero dello stato in cui mi trovavo e mi sforzai di essere allegro e spensierato. Dopo la partenza del Ciccanti mi ritirai in ufficio da solo, per rispondere ai molti auguri pervenutimi dall’interno  e da ultimo e leggere i giornali, da poco arrivati, nei quali si parlava delle pressioni fatte ai belligeranti dagli Stati Uniti, per intavolare trattative per la pace. Gli amici, invece, col Comandante Mascherini ed altri Ufficiali seguitarono a giocare alla tombola ed a pagò - paghè, fino alle tre del mattino facendo un baccano del Diavolo.

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La mattina del 25 Dicembre 1916 cominciò malamente per il fatto che a noi fu passato, anziché del solito caffè, il thè, che a me pure non piacque e così in molti dovemmo digiunare. Fu fatta la cinquina, perché i militari in quei giorni spendevano denaro “a più non posso” e sempre più ne avrebbero voluto, nonostante i moltissimi vaglia dei parenti dall’Italia ed ogni giorno si era costretti a portarli all’Amministrazione Militare del Reggimento per il rimborso del deposito, che si esauriva in poche ore.  Alla mattina vi fu pure la Messa al campo. Il Furiere ed io ci recammo invece alla Chiesa Parrocchiale di Cassions de Mure, dove assistemmo alla Messa solenne, cantata stonatamente in rito Gregoriano da dei ragazzi. Di ritorno in Fureria ci sedemmo al solito desco, con la minestra fatta in casa dalle massaie, consistente in un tagliere di tagliatelle. Si mangiò poi salame tenero paesano con peperoncino, e thè a volontà, per chi gli piaceva. Verso le ore 17 però, venne divulgata la triste novella che era giunto l’ordine di recarci  tutti a Polazzo per il giorno seguente onde ritornare a occupare il vecchio posto di prima linea nella Quota 208 Sud. Il Natale venne quindi terminato con commenti disgustosi per l’avvicinarsi di sacrifici e pericoli. La cena serale fu di polenta e carne in umido, pollo alla cacciatora e frutta. Mi sedetti poi su una panca presso il fuoco, dormigliando, mentre gli altri giocavano a tombola.

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Il 26 Dicembre, fin dal mattino, fu dato ordine di prepararci per la partenza. Insacammo, quanto più potemmo ed a preparare tutto l’equipaggiamento, dispiacenti di dover lasciare un luogo con comodi e pieno di libertà. Vi fu un rancio unico ed alle tredici e trenta ci inquadrammo per la partenza. Salimmo in ventuno per ogni camion  per Cervigliano, Villa Vicentina, Turriaco, Ronchi, Selz, e Doberdò, ci dirigemmo verso il fronte. Ammirai la strada che io ben conoscevo per averla fatta spesso a piedi. Rividi le magnifiche nuove trincee di Villa Vicentina in cemento armato, quelle sfasciate a muretto di Ronchi e Selz, Doberdò con i fabbricati sfondati in ogni dove, le gallerie scavate nel sasso contenenti molti autocannoni da 110 mm.  Dopo breve sosta, in un pianoro antistante Doberdò, indrappellati per Compagnia, cominciammo a marciare nel fango. In certi punti la strada era completamente allagata e noi guazzavamo come tante anitre. Sotto di noi vedevamo lunghe catene di grossa e media artiglieria, mascherata con rami secchi, che si stendevano sul ciglio della collina dominante il Vallone. Eravamo coperti al nemico da una provvidenziale fittissima nebbia. Di tanto in tanto i primi razzi luminosi, sebbene facesse anche giorno, ci illuminavano e dovemmo fare  diverse soste. Lungo la discesa trovammo sulla strada un mulo morto da una granata nemica ed una “ Torre di ferro “ per conduttura  elettrica, spezzata in due e tutta contorta Oltrepassate le botti dell’acqua del fondo nel Vallone, incominciammo la salita verso Quota 208 Sud; ma noi di Fureria avemmo l’ordine di fermarci, mentre il resto della Compagnia proseguì per la prima linea. Strinsi la mano e feci auguri agli amici più cari ed andai in cerca di un ricovero per noi. Quello da noi occupato un mese prima, era goduto da Ufficiali, dovetti installarmi con tutte le nostre robe, in una piccola tettoia molto bassa. Vennero il Furiere e gli altri e ci accingemmo a dormire quando altri Ufficiali ci vennero a scacciare. Per permesso speciale ottenni di rimanere fino alla mattina seguente per sorvegliare le vettovaglie di fureria ammonticchiate in un cantone, mentre gli altri dovettero molto gironzolare per procurarsi un posto provvisorio per dormire la notte. Mangiai un po’ gallette, mi avvoltolai in una coperta e presi sonno, facendo anche sogni fantastici.

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La mattina del 27 Dicembre 1916 gli Ufficiali del 156° Reggimento Fanteria cominciarono a pregarmi di sgomberare la baracca della roba che stavo piantonando. Alle ore 10 potei finalmente trasportare tutto in un baracchino poco distante. Ci occorse una giornata e mezzo di lavoro per farvi il pavimento in legno e ripararci dal freddo ed umidità il meglio possibile, ma era tanto bassa che dovevamo girare a ginocchioni. Il nemico verso sera bombardò le retrovie del Vallone di Doberdò, mentre la nostra artiglieria tirò con i grossi pezzi ininterrottamente anche tutta la notte. Essendo fatto bel tempo fu portato il rancio da Polazzo fino alla Dolina del Comando di Reggimento, sicchè non giunse a noi che ben poco caffè, brodo e pane. Le sventole d’artiglieria nemica giungevano invece a bizeffe !

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Il 28 Dicembre ritornò dalla licenza il Caporale Pianigiani e ci offrì della pasta Margherita e castagne, che mangiammo di gusto. Alla sera giunsero posta e giornali di due giorni e potemmo apprendere che anche la Svizzera appoggiava le note del Presidente Wilson  per farsi mediatrice di pace fra gli Stati Belligeranti. Conversammo fino alle ore 23 e ci addormentammo stretti, stretti fra le coperte nel baracchino scatola - fureria distesi come tanti gattini con la madre !

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Il 28 e 29 Dicembre cominciammo ad avere parecchi nostri compagni coi piedi congelati. Furono subito mandati all’ospedaletto da campo più vicino. Sapemmo che nella notte dal 30 al 31, dovevano arrivare truppe di rincalzo per l’avanzata, dovendosi rettificare la linea nostra di circa 250 metri in avanti, La pioggia, invece, fece rimandare l’azione con immenso gaudio di tutti, che attendevano dai giornali notizie relative alle proposte di pace che erano insistentemente appoggiate dalle altre Potenze Centrali.

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La mattina del 30 ebbi la gradita visita dell’amico Cesari che da due giorni avevo fatto cercare inutilmente dai piantoni nei dintorni. Mi indicò il suo rifugio che non era che a una ventina di passi dal nostro baracchino, avemmo così il tempo e la comodità di rivederci spesso per parlare delle nostre situazioni e delle nostre famiglie. Ebbi da casa dettagliate notizie di come passavano le Feste mia moglie coi bambini, e da amici e conoscenti ebbi fervidi auguri su splendide cartoline e graziose cartoline illustrate. Noi per mangiare facemmo alla meglio perché, sempre fermandosi i muli della nostra cucina alla Dolina del nostro Comando di Reggimento, ben poco ci veniva portato, perché tutto quello che là arrivava doveva essere inviato direttamente in linea al piantone della nostra Compagnia per la sollecita distribuzione alle truppe in linea !...

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La notte dal 30 al 31 il Sergente furiere ed un piantone si recarono a Redipuglia per ritiro di denaro per la cinquina ed il Sergente Valenti, malato d’occhi rimase con me, che dovetti fungere da furiere. In quella notte si ebbero due morti, in un attacco alla nostra 2a Compagnia, ai quali, scoppiando una granata aveva loro tagliato netto braccia e teste. Certo anche l’artiglieria nemica non voleva essere da meno della nostra e vendicava i loro feriti che specialmente nelle ore notturne si sentivano spesso lamentare.

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La mattina del 31 Dicembre 1916 vi fu una requisizione di fiaschi di vino per festeggiare la fine dell’anno alla mezzanotte ed un camion carico che ogni giorno veniva nel Vallone a venderli, in quel giorno invece mancò, e così i bettolini vendettero tutto il vino ed il resto di altri generi che avevano disponibili. Noi acquistammo tre fiaschi di vino ed un po’ di frutta. Ci furono distribuiti scatolette di maiale, che trovammo veramente ottime. Io me ne mangiai quasi una per intero. Verso sera l’artiglieria si fece sentire da ambo le parti e con molta insistenza. A mezzo del piantone inviai per iscritto gli auguri per il nuovo anno all’amico Cesari, non potendomi assentare dalla fureria, per molto lavoro di fine d’anno. Alla sera il furiere, col Sergente Valenti ed i Caporali Pianigiani e Persiani, se la giocarono fino verso la mezzanotte, mentre io dopo aver lavorato a lungo, inviai auguri scritti ai conoscenti e mi preparai la merenda per la mezzanotte, che poi consumai con gli altri, innaffiata coi fiaschi di vino e fumando sigarette a tutto vapore. Anche in quella notte l’artiglieria non ebbe un momento di tregua, fino all’alba. 

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