Archivio Vittorio Mascherini

una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza

 

DIARIO DEL FURIERE FRANCESCO ORLANDI

Aprile 1917

 

Il 1° Aprile si preparò il cambio e mentre si stava compilando i verbali e rilevando certa rilassatezza nel personale di servizio che in parte si risentiva del mio abituale rigore nell’adempimento degli ordini ricevuti, l’Aiutante vedendomi un po’ imbronciato, mi disse che io potevo infischiarmene del personale, perché facevo più del mio dovere e che non sarebbe passato molto tempo che mi avrebbe fatto mettere un paio di galloni! Lo pregai assolutamente di non fare questo scherzo, per me di cattivo gusto, non desiderando fare carriera militare, tanto più che se fossi stato rimandato in Compagnia non ne avrei potuto sopportare l’oneroso peso. Egli mi assicurò che invece sarei sempre rimasto allo Stato Maggiore. In quei giorni sbrigai tutte le pratiche del Comando, perché causa l’assenza del Sergente Maggiore, il Tenente Colonnello e l’Aiutante Maggiore mi impartirono speciali ordini che dovevo in parte sbrigare io, ed altri, trasmetterli alle Compagnie ed al Comando di Reggimento a mezzo del personale dipendente a mia disposizione. La stagione non accennava a ristabilirsi, piogge dirotte frammezzate a grossa grandine che si faceva sentire sul tetto della nostra baracchina, come bene e spesso non mancavano di cadere grossi sassi e terra, franati dal roccione sovrastante. Dopo aver fatto le consegne al 2° Battaglione subentrante, l’Aiutante Maggiore mise a mia disposizione il portaordini Pittireo, affinché mi fosse di guida nel pericoloso e duro viaggio, considerata la mia debolezza visiva. Il condottiero si mostrò premuroso e paziente, ma anche lui non vedeva molto più di me. Caddi parecchie volte sui militari sdraiati lungo i camminamenti e le mulattiere, in attesa che sfilassero altre Compagnie che andavano a dare il cambio alle nostre. Sentii così non poche imprecazioni alla guerra, ai Re, agli Imperatori, ai Governi, ai Comandanti ed altro ! Spesso un faro ci illuminava il cammino ed il fascio potente di luce rendeva fantastico il paesaggio reso tremolante dalla luce al magnesio di alcuni razzi vicini. Il cammino lungo e faticoso mi fece parecchie volte sostare e spesso il mio condottiero dovette scuotermi, perché appena fermo il sonno mi prendeva istantaneamente, anche sotto l’acquazzone, causa le mie ininterrotte veglie. Da oltre 13 giorni non dormivo più di due ogni 24 ore per il buon andamento del servizio coadiuvato dall’eccessivo mio zelo per soddisfare i miei superiori. Passammo accanto al Comando di Reggimento sito in una baracca appostata sotto un alto picco, tale da renderla invulnerabile al tiro dell’artiglieria nemica, non però dalle frane dei macigni sovrastanti , uno dei quali staccatosi poche sere prima, era piombato sul locale adibito a sala da pranzo e fortunatamente senza fare vittime umane, aveva mandato in frantumi stoviglie e vetri della mensa Ufficiali.  Povere mense ! Oltre il nemico, anche il destino le bersagliava sempre !

 

Finalmente alle ore due del 2 Aprile ( mio onomastico ) giunsi al vecchio posto di medicazione dove avevo già dimorato un mese prima. Appena il Tenente Colonnello mi vide, mi diede subito l’incarico di fare affluire a Scelisce i complementi necessari al 4° Battaglione marciante. Tale lavoro mi tenne obbligato fino a sera. Ebbi il permesso di dormire in ufficio le poche ore disponibili, adibendo tutte le altre a completare le diverse cariche e gli ordini che mi venivano inviati e che dovevo diramare agli altri. Magnifico fu il fenomeno che potei sempre osservare in questo giorno. Tutta quanta la valle a noi sottostante, era ricoperta di una fittissima bianca nebbia che dava l’illusione che l’Isonzo fosse cresciuto fino a mezzacosta e dilagante ! Al disopra di quella quota, il cielo lasciava vedere nettamente i monti lontani, illuminati, da qualche sprazzo di sole uscente, dal cielo nuvoloso. Verso le ore 11 il Tenente Colonnello stava ritornando dalle sue ispezioni, quando fu oggetto di parecchi colpi d’artiglieria, uno dei quali, gli scoppiò alto sul capo facendogli cadere sulla spalla un sasso di rimbalzo. Altro proiettile scoppiò presso il baracchino in legno da lui abitato, ed egli si lagnò di come il Reggimento, da un mese che l’incendio aveva tutto devastato, non avesse ancora fatto fare una sede nuova per il Comando di Battaglione! In quella giornata del mio onomastico fui dominato dalla melanconia e solo verso sera me la passai un poco coi militari della sanità che insistettero perché narrassi alcuni casi straordinari capitati parecchi anni addietro.  Il giorno seguente, ebbi occasione di fare degli elenchi delle proposte di promozione e le Compagnie, fecero pervenire gli elenchi che radunai in specchi riassuntivi. Li portai al Tenente Colonnello per la firma, ma questi, poco dopo, mi fece chiamare e mi chiese perché non fossi graduato od almeno caporale. Gli risposi che io non tenevo affatto ai galloni, non essendo mia intenzione di seguitare la carriera militare e lo ringraziai della gentile premura che aveva a mio riguardo. Tuttavia egli insistette per quale classe, di categoria, tempo in zona di guerra, nel Reggimento ed altro. Mi diede incarico di compilare uno specchietto per lo Stato Maggiore, comprendendo il Caporale ed i ciclisti, cosa che feci immediatamente. Poco dopo, giunse in ufficio l’Aiutante Maggiore, il quale mi impose di mettere nello specchietto, anche le mie generalità. Insistetti per esimermi, ma gentilmente, mi obbligò ad ubbidire a quel suo desiderio, avendo egli un suo motivo particolare a cui mi dovevo derogare. Mi rassegnai quindi al suo volere per non contraddire al mio Superiore che con cortese insistenza, volle includere anche le mie generalità in quello specchietto. 

 

Il 5 Aprile venne finalmente un po’ di sole, dopo tanta pioggia, grandine e nebbia fitta; ma per poco! Approfittai per recarmi poco distante dal Comando per vedere a mio bell’agio la vicina Tolmino , e l’antistante bassa quota ( Pan di Zucchero ) che strenuamente ostacolava la nostra avanzata! Indi passai fra un piccolo cimitero montuoso, composto di bersaglieri, fanti e sconosciuti ! Nel pomeriggio giunse da casa un pacco postale con oggetti utili, biancheria e dolci per il mio onomastico ormai passato. 

 

Il 6 Aprile ed il 7 ebbi diverse divergenze con il personale di servizio al Comando di Battaglione, perché rigorosamente disimpegnavo le mansioni ed ordini che mi venivano impartiti dai miei Superiori, ma pertanto, non transigendo, feci comprendere che con me non avrebbero certo rintuzzato e violato menomamente all’ordine impostomi anche se provocato ed insultato come lo fui per l’uno e per l’altro. In questo ultimo giorno, arrivò il Sergente Maggiore Ariolfo dalla breve licenza d’esami, che mi portò il saluto di mia sorella che era andato a visitare passando da Alessandria. La trovò ristabilita dalla broncopolmonite e già insegnante in classe alle scuole normali. Alla sera ci fu uno scambio di lettere e fonogrammi fra un Comando e l’altro per gli auguri Pasquali essendo il giorno 8 la Festa di Pasqua di Resurrezione. Per conto mio l’augurai al Tenente Colonnello ed all’Aiutante Maggiore all’alba, quando andai per la solita firma e compilazione dei verbali delle pattuglie notturne. Poi l’inviai per iscritto al Comandante della mia Compagnia, al Furiere Vagnozzi ed al Caporale furiere Pianeggiani, i quali, poco dopo, mi ricambiarono affettuosamente gli auguri per telefono. Stilai di mia iniziativa un fonogramma per Vagnozzi indirizzato al Tenente Colonnello, in cui facevo gli auguri e poco dopo ebbi i ringraziamenti del gentile pensiero. Inviai pure per iscritto gli auguri al buon Cappellano. In quel giorno i componenti il personale del primo posto di medicazione, mi vollero alla loro modesta mensa, che di buon grado accettai pagando la mia quota. Eravamo in sette : Il Caporale Maggiore Ceccarini, il Caporale Gallo, l’attendente Ronza ed i piantoni infermieri Bogno, Taina ( pagliaccio ) e Vagnini. Fui pregato di indirizzare un biglietto d’augurio al loro dirigente Dr. Piovanelli. Appena redatto lo inviammo alla mensa. In esso rammentavo che egli era il più giovane della famiglia sanitaria, dirigeva il posto di medicazione, aveva il diritto di essere bene augurato dai suoi subalterni e gli rammentavo fra l’altro la sua famiglia lontana che in quel giorno non avrebbe mancato di ricordare il loro dottorino al fronte! Il biglietto fu firmato da tutti, ed io mi sottoscrissi “ Piantone involontario ! ” 

 

Dopo la mensa gli Ufficiali non mancarono di far lavorare il telefono, e fra le tante comunicazioni merita di essere riportata la seguente :

 

- Pronti ! (Tenente Brugena , giornalista milanese )-

- Pronto. ( Tenente Murer, della sezione pistole  mitragliatrici) Tu che sei in collegamento lassù. ( il Brugena occupava la linea più elevata del fronte ) col Padre Eterno, hai mica visto salire Gesù Cristo al cielo ?

- No a quell’ora dormivo; e poi lo sai c’era tanta nebbia che non si vedeva più in là di due palmi dal naso !

- Peccato potevi fargli la fotografia !

- Sarà per un altr’anno. 

- Crepi l’astrologo ! Sarà forse salito dalla parte degli Austriaci. Ciao bellezza !

 

Di qui potete comprendere il buon umore dei nostri Ufficiali. Il nostro pranzo particolare fu composto di una fetta di carne, due alici piccanti e di due pezzi di pesca sciroppata. Sei fiaschi di vino, due dei quali erano stati regalati dal Tenente Medico. La sera antecedente, il Plotone Arditi, ebbe il compito di esplorare un baracchino abbandonato dove si diceva sostassero la notte le pattuglie nemiche. Ma uscito il nucleo dei nostri Arditi non trovò alcuno e con petrolio diede fuoco all’isolato e presunto ricovero nemico. Nel pomeriggio ebbi nuovamente dolori al ventre e indisposizioni generali; cosa comune nelle truppe in quel luogo, forse per l’acqua che serviva per tutti gli usi, acqua di neve disciolta ed infiltrata nel terreno che procurava oltre dolori al ventre, anche una grande dissenteria. Anzi una mattina venne un Generale della Divisione per una ispezione sui luoghi e col Tenente Medico trattò anche sull’eliminazione di questo inconveniente. Indicò di fare tre serbatoi in cemento per raccogliere le acque e di mano in mano renderla potabile con sostanze chimiche. Cosa poi che non fu eseguita per deficienza d’acqua, essendo quella sorgente attiva solo durante la stagione delle nevi e delle piogge. 

 

Nelle prime ore del 9 Aprile fu avvistata una pattuglia nemica che non molestò per nulla le nostre vedette, né le nostre opere di difesa. Giunse anche un fonogramma che avvertiva del passaggio di nostri veicoli dalle ore 4 alle 10 e che per farsi riconoscere avrebbero fatti segnali ad “O”. Ma data la forte nevicata non fu possibile scorgerli. Fino al pomeriggio la neve cadde abbondantemente, poi un sole piuttosto caldo, la fece scomparire quasi totalmente in poche ore. Ebbi buone notizie da casa, mia moglie svezzato Augusto aveva intrapresa la cura del Triferol, che le faceva molto bene, il piccolo si abituava a mangiare pappine e non si preoccupava punto del latte materno, mentre mio figlio maggiore si preparava per andare nuovamente ad una scuola più  istruttiva e la Santola Aurelia Casagrande gli aveva acquistato un bel cestino!  L’amico Cesari, in licenza, era già stato a visitare mia moglie e l’aveva assicurata della mia migliorata condizione nella nuova carica affidatami, solo mi dispiacque sapere che la sua signora era indisposta e bisognosa di una cura speciale.

La sera del 9 Aprile vi fu il cambio dell’Ufficiale Medico, al Tenete Piovanelli subentrò l’Aspirante Stoppino, giovanotto molto allegro e parolaio. Stando io in fila con gli altri coricati sul pavimento dell’infermeria e precisamente sul pavimento ai piedi della scansia delle medicature, mentre dormivo mi svegliai di soprassalto perché.. il neo dottore nella semi oscurità era involontariamente salito.... sul mio petto. Fece le sue scuse, mi interrogò ch’io fossi ..... così facemmo conoscenza. La mattina dopo potei ammirare la sua speditezza tanto nell’impartire ordini per la pulizia che volle subito eseguiti, sia per la visita medica che sfollò in breve tempo e dando ampi medicamenti e poco riposo. Pure nella mattinata furono fatti ritirare dallo smistamento i cofani della sanità la cui copia doveva contenere il necessario per il posto di medicazione: invece, da una visita fatta, mancavano le cose più occorrenti, tutti i liquidi alcolici e zuccherati, nonché le compresse più grate al palato. 

 

Alla sera del 10 Aprile giunse un fonogramma che ordinava al Sergente Maggiore Ariolfo Giuseppe di partire la mattina seguente alle ore 8 per essere inviato al deposito aviatori di Torino. Non potete figurarvi qual fosse il suo giubilo essendo stato sempre quello il suo sogno, mentre ormai aveva perduta ogni speranza! Mandò a prendere alla mensa ufficiali due fiaschi di vino che offerse agli amici e dopo aver parlato delle sue eroiche gesta nella ritirata del Trentino ci mettemmo a dormire. Capitò d’occasione un sacco a pelo ed io volli dormirvi dentro, ma dovetti quasi spogliarmi completamente dal gran caldo che faceva. In quella notte ci fu anche una piccola azione della pattuglia Arditi, Riganelli e il Tenente Cortesi si trattennero con noi a conversare fino al momento dell’uscita. Erano in sedici, muniti di pugnali e bombe a mano, caricatori e fucili. Uscirono dalla 4a Compagnia, salirono il ripido costone e giunsero al luogo d’attaccare dopo ben due ore. Lanciarono le  bombe a mano e si difesero da un plotone nemico che cercava di accerchiarli alla loro destra. Poi avendo consumato tutte le munizioni ed avendo assolto il loro compito dimostrativo si ritirarono in ordine con tre soli feriti leggeri. Il Sergente Maggiore Ariolfo prima di lasciarci fece un discorsetto ai presenti del Battaglione ed accennò, anzitutto, che io l’avrei sostituito nella sua carica, essendone degno e che per conseguenza mi avrebbero promosso Caporale , che il Caporale Maggiore Torazza sarebbe stato nominato Sergente, pur continuando a sbrigare il lavoro della posta ed altro. 

 

L’11 Aprile 1917 nel pomeriggio si ebbe un morto. Una scheggia di bomba a mano gli aveva sfracellato il cranio. Si chiamava Destro Ernesto, era portaferiti, vecchio amico degli anziani del155°, era di ritorno dalla licenza in quella mattina e non si sarebbe certo creduto che appena giunto l’attendesse un destino tanto crudele ! Fu fermato nel camminamento davanti al posto di medicazione, dove alla mia presenza il medico scoperto il volto del cadavere lo sollevò constatando che il decesso era avvenuto per fratture multiple alla scatola cranica. In quel giorno il Caporale Maggiore Torazza lasciò la carica di addetto alla posta ed assunse il nuovo ufficio al Comando di Battaglione quale dirigente i servizi dipendenti. Alla sera, dopo aver fatto gli ordini per il movimento del cambio, fummo chiamati dall’Aiutante Maggiore a rapporto nel suo baracchino. Là, egli ci espose la riorganizzazione disciplinare del Comando di Battaglione e che la nostra mansione principale era quella di coordinare tutte le nostre forze per raggiungere quell’intento. Si parlò delle deficienze e dei mezzi migliori per ripararvi ed io pure accennai ad alcuni inconvenienti, che furono giudicati necessari di provvedimenti. Si passarono due ore. Ritornando, il Tenente Colonnello da una delle abituali ispezioni notturne e trovandoci a rapporto con  l’Aiutante Maggiore, disse che nulla aveva certamente da aggiungere a quanto aveva detto l’Aiutante e che da parte sua avrebbe fatto presente alle maggiori autorità la necessaria mia promozione a Caporale, come pure avrebbe fatta la proposta del Torazza a Sergente.  Dopo circa mezz’ora un fortissimo cannoneggiamento nemico richiamò la nostra attenzione, quella degli ufficiali e quella del Tenente Colonnello che ci indicò subito che l’attacco nemico si svolgeva a destra dello sbarramento dell’Isonzo e precisamente al Blokaus occupato dal 156° Reggimento Fanteria.  La nostra artiglieria controbatté subito  la loro, ma purtroppo da parte nostra si ebbero 5 morti e 25 feriti. Verso mezzogiorno preparai i verbali di consegna e quant’altro per il cambio e nel pomeriggio ebbi l’ordine di avviarmi a Libussina. Giunto alla posizione “ D ”  andai a fare visita al mio ex Comandante della 1a Compagnia, Sig. Tenente Mascherini, il quale mi fece un’ottima accoglienza offrendomi vino, caffè e cognac. Prosegui il cammino in compagnia dell’attendente del Colonnello e raggiunti da due nostri ciclisti che avevano ordine di recarsi di volata a Libussina per accertarsi di un contrordine, cioè di portarci a San Lorenzo, anziché al luogo suddetto. Giunto a Volarie andai a trovare il Sergente Maggiore Vagnozzi che trovai in fureria ultimando il parco pasto e mi offrì da bere. Prosegui indi il cammino fino a Kamno, dove con gli attendenti e personale sanitario acquistammo una scatola di tonno ed un fiasco di vino che, unitamente ad una pagnotta e formaggio servirono per improvvisare un pranzetto sulla via maestra fra l’andirivieni di militari, salmerie e ambulanze. Facendosi ormai buio e la pioggia prossima, ce ne incamminammo verso Libussina. Lungo la strada incontrammo le nostre prime compagnie che partivano per Vodil e fra essi ex territoriali del 63° Battaglione. Giunto a Libussina, alla vecchia residenza del Comando, fui ricevuto alla porta del Sergente Maggiore Vagnozzi e Rossi, Direttore di Mensa del 3° Battaglione e Furiere di Cesari. Egli mi trovò magro e deperito e ne chiese il motivo, ma io non seppi che risponderli. Questo effetto lo feci ad altri miei amici di Compagnia che visitai il giorno seguente. Questo deperimento doveva certo attribuirsi al comune mal di ventre ed indisposizione di stomaco provocato dall’acqua non potabile del Merzli e del rancio fattomi spesso saltare dai poco premurosi compagni del Battaglione e dai cibi non confacenti al mio stomaco. Parlando con il Rossi, mi andò in gola un moscerino che mi provocò ..... il vomito e così il tonno che avevo mangiato con tanto gusto ritornò per la gola all’aria libera !  Dopo essermi riposato un po’ nella cameretta a pian terreno degli zappatori, ebbi l’ordine di recarmi a San Lorenzo, e accomiatatomi dal gentilissimo Sergente Maggiore Rossi, che mi offrì anche la sua branda, ma che non potei trasportare perché incomoda, me ne incamminai per la scoscesa rupe al sottostante paesello. Là giunto trovai diverse baracche per militari discretamente in buono stato ed una palazzina costruita a uso villetta, per il Comando. Certamente doveva essere stata ideata da un qualche ingegnere costruttore di villini e conoscitore dei bisogni e disposizioni dei militari. Si componeva di una lunga saletta pitturata, per la mensa ufficiali. In essa stavano ai fianchi le entrate delle camere dei Comandanti di Compagnia ed ai lati esterni il Comando di Battaglione, da me poi abitato, a destra e a sinistra l’infermeria. Di dietro, appena fuori dalla saletta a destra, la camera del Comandante del Battaglione, a sinistra quella dell’Aiutante Maggiore e dell’Ufficiale Medico. Più indietro, collegata con la tettoia coperta, la cucina, la dispensa ed il lavandino. Trovai qui, in partenza, gli Ufficiali del 224° e la fureria dello Stato Maggiore intenta ad introdurre in una cassa gli oggetti di cancelleria, incartamenti, ecc: e pensare che noi eravamo ben più disperati perché in un tascapane io portavo tutto. Mi assisi sopra una panca fino alla partenza del Furiere del 224°, indi mi stesi e sonnecchiai fino all’alba. Andai poi in cerca di una ramazza per pulire e trovatala feci del mio meglio. Vidi intanto l’arrivo della 1a Compagnia con alla testa il suo Comandante a cui diedi il ben arrivato a San Lorenzo   ( alludendo al suo paese Borgo San Lorenzo - Mugello ), egli mi rispose non essere quello il San Lorenzo da lui desiderato e proseguì portando i suoi soldati all’accantonamento assegnato. I miei commilitoni di Compagnia, di mano in mano che passavano, mi chiamavano scherzosamente “ imboscato ” perché coprivo quella carica speciale di scritturale al Battaglione. Verso le ore 9 giunsero cavalcando due muli, il Tenente Colonnello e l’Aiutante Maggiore, seguiti a piedi dal personale dello Stato Maggiore.  Gli Ufficiali, dopo la mensa, si coricarono subito assaporando un po’ di tranquillo riposo, da tanto tempo desiderato. Nel pomeriggio, al Comando del Tenente Sacchi, giunsero i complementi che furono distribuiti fra le diverse compagnie. Erano in maggioranza militari delle classi 1879 e 1897. Fra gli anziani ve ne era uno che aveva un figlio al fronte. Tutte truppe fresche pervenute da poco dall’interno e vergini ancora di trincea e del fuoco. Quella sera alla mensa ufficiali regnò la più schietta allegria. Fu cantata in coro anche la canzonetta esaltante la fanteria, già scritta su queste mie note in antecedenza, accompagnata dal suono di chitarra. Scelsi il mio letto stendendomi sulla panca d’ufficio e quello fu il mio giaciglio per tutto il tempo che rimanemmo a riposo. 

 

Il 14 Aprile, l’attendente dell’Aiutante Maggiore alzò un po’ troppo il gomito e prese la ciucca, trovò a dire con alcuni militari di Compagnia, un Sergente Maggiore degli zappatori troncò il diverbio e venne offeso dall’attendente Paretti. Per eccesso di zelo il detto Sergente lo condusse in quello stato davanti al Tenente Colonnello che si adirò con l’ubriaco, riservandosi di farlo rientrare in Compagnia non appena l’Aiutante Maggiore fosse rientrato da Caporetto, ove si era recato per fare un bagno. Ma il Savaret tanto affezionato al suo attendente, mitigò la cosa  ed egli stesso punì il suo dipendente di 5 giorni di prigione di rigore, anziché di 3 come di poi aveva proposto il Tenente Colonnello. Per di più chiamò il Sergente zappatore e gli fece rimarcare la  duplice mancanza;  la prima, di mancato riguardo al suo grado se non alla sua persona, la quale doveva essere avvertita del fatto prima del Tenente Colonnello; la seconda, di inflazione al regolamento militare di un Sott’ufficiale verso un Ufficiale superiore.

 

Il 15 Aprile fu per noi considerato il giorno di Pasqua. Fu distribuito il fumare, al 1° rancio : ragù, che da tempo o meglio dall’interno, non ne avevo più mangiato, al 2° rancio : pasta asciutta discreta e frittata di un uovo e mezzo ed una mezza tazza di vino. Ci fu fatto pagare Lire 0.15 per lo strutto acquistato per fare la frittata.  Alla mensa ufficiali si fece un gran pranzo, con l’intervento del Cappellano Tenente Pasquali, che al suo arrivo, non mancò di venirmi a salutare, passando dal mio ufficio. A titolo di curiosità trascrivo l’appetitoso menù :

 

antipasto  : 

Salame misto.

Minestra  :

 Farfalle al Consommé.

 

Piatti di mezzo :

Fritto misto all’Italiana

Finanziera

Roast - Beef con insalata

 

Dolce  

Funghi alla crema di caffè

Frutta assortita

Caffè

 

Dessert  :

Vini e liquori.

 

 

Durante il pranzo, che si prolungò fino ad ora tarda, regnò la più schietta allegria, alternata da frequenti brindisi.

In ufficio potei assaggiare qualche piccolo avanzo, dolce compreso.

 

Il 16 Aprile uscì l’ordine permanente portante oltre la nomina del Caporale Maggiore Torazza Antonio a Sergente, anche la seguente :  “N.283 - Sotto la data del 15 Aprile 1917, il soldato Orlandi Francesco, matricola 9229      ( 6) classe 1881, della 1a Compagnia, promosso Caporale e trasferito effettivo allo Stato Maggiore, quale graduato di maggiorità al 1° Battaglione !” Tale ordine fu esposto all’ufficio del Comando di Battaglione. Appena venuti a conoscenza della suddetta pubblicazione, fu un accorrere degli amici e dei superiori al nostro ufficio, i primi per bagnare ( bere alla promozione ottenuta ) i galloni, i secondi per rallegrarsi e complimentarmi. Fu quindi bevuto e brindato alla promozione e alla nostra salute; a tutti risposi con il più fervido augurio di una prossima pace. In quella sera ci fu inviato dai cucinieri un pezzo di dolce per festeggiare maggiormente, e  io pure non mancai di gustarlo e trovarlo squisito e delizioso.  Col piantone Leoni, portando del vino, mi recai alla fureria della mia ex 1a Compagnia, dove i vecchi amici mi fecero un monte di rallegramenti e brindisi. Dal Sergente Maggiore Vagnozzi mi furono messi solennemente i galloni da Caporale ed innaffiati poscia con vino. Mi trattenni fino alle ore 11, mangiando uova e un gran pezzo di polenta fredda, di cui ero ghiotto in quei tempi,  mentre il sarto Muratori Giuseppe, bolognese, mi cuciva per bene alla giacca i nuovi galloni da Caporale. 

 

Il 17 Aprile gli altri Ufficiali del Battaglione vennero a rallegrarsi, dicevano loro, per la meritata promozione.

 

Il 18 alla 1a Compagnia si diede mano ad alcuni lavori di giardinaggio, disegni simbolici patriottici fatti con sassi multicolori, erbe, pianticelle e massi multicolori di roccia. Alla sera, col furiere, potei vedere anche i due confessionali improvvisati per la preparazione alla Pasqua, costruiti con teli di tenda e stoie in un angolo scoperto posto tra due baracche, dove i militari andavano a confessarsi. 

 

La mattina del 19 invece, il Cappellano confessò lungo la strada, passeggiando. Poi, in una baracca non ancora ultimata di fronte al Comando, fu posto su cavalletti l’altarino portatile ed appeso sopra un arazzo, uso stendardo, col Sacro Cuore di Gesù e lì più di una cinquantina di soldati ed il Tenente Colonnello, assistettero alla S. Messa e adempirono all’obbligo Pasquale con molta devozione. Il Cappellano parlò a lungo con bene ispirate parole e buoni sentimenti, conciliando l’amore per il prossimo col contrasto della guerra che faceva odiare i fratelli di certe altre Nazioni. Essendosi fatto bel tempo, gli Ufficiali si dilettarono a fare gruppi fotografici ed a giocare con i ciclisti ed inservienti dello Stato Maggiore a foot-ball dimostrando di avere una non comune abilità in questo genere di sport. 

 

Il 20 Aprile di mattina mi recai a Caporetto col Sergente Maggiore Vagnozzi per fare un bagno e davvero fummo fortunati avendo una stagione splendida ! Dopo il comodo bagno incontrammo l’Aiutante di Battaglia Riganelli che ci fece retrocedere per offrirci una squisita merenda sull’erba del terrapieno di circonvallazione di Caporetto, perché un decreto Luogotenenziale vietava mangiare e bere negli esercizi pubblici prima delle  ore 18,30 di ogni giorno. Verso le ore 9 l’artiglieria nemica colpì in pieno alcuni fabbricati adibiti a magazzini, facendo 4 morti e feriti. Molti abitanti si diedero a correre verso il fiume, ma là ancora furono raggiunti e si ebbero ancore 3 morti e parecchi feriti. 

 

Il 21 ebbi incarico di recarmi con due soldati a Libussina per il ritiro della piccola biblioteca  che trovai dopo varie ricerche al Comando del Presidio ed al Battaglione del 148° Fanteria. Per la distinta e consegna dovetti aspettare fin verso il mezzogiorno l’arrivo del Capitano di quel Battaglione. 

 

La Domenica del 22 Aprile inviai, per tempo, una lettera al Cappellano nella quale chiedevo consiglio per sottopormi, o meno, ad una visita superiore della vista nell’occasione dell’invio all’ospedale, in osservazione, del Tenente Brugena, per il medesimo motivo. Nel venire a San Lorenzo per la Messa, il Cappellano mi consigliò di soprassedere, anche per non mettere a repentaglio la mia discreta carica speciale al Battaglione. In quel giorno vi fu Messa al campo con l’intervento del Colonnello Guerra, che si trattenne anche a colazione e si mostrò oltremodo cordiale. Indi vi fu rapporto con gli Ufficiali e altro ai Graduati in mezzo al campo. Noi di Stato Maggiore, essendo di servizio, non potemmo intervenire.

 

Il giorno seguente, 23 Aprile, cominciarono i preparativi per il cambio. Ebbi speciale concessione dall’Aiutante Maggiore di avviarmi prima ; e verso le ore 14 me ne andai da solo, comodamente, verso la linea del Vodil. Lungo il cammino incontrai un artigliere desideroso di pace, che avendo saputo di certe dimostrazioni interne ed altre chiacchiere circolanti, sperava molto. Io non lo distolsi dalle sue illusioni e lo lasciai poco dopo, cullante nell’idea di una prossima pace ! Colgo l’occasione per notare che molti nutrivano tale speranza, sia per la Russia demoralizzata dalla rivoluzione, sia per il Congresso nazionalista e pacifista in Norvegia, sia per il consiglio dei delegati delle Potenze alleate nel confine Italo - Francese e da ultimo per la crisi economica che si faceva sentire nei paesi guerreggianti. Fra l’altro correva voce che il Comando Supremo sapesse di trattative di pace in corso. Essendo comune il desiderio che avesse presto termine la guerra, la diceria era da tutti creduta. Io prosegui fino a Volarie dove feci l’abituale visita alla Fureria della 1a Compagnia, traslocatasi la sera prima da San Lorenzo. Poi cominciai la faticosa salita della mulattiera del Vodil. Lungo il cammino l’artiglieria nemica batteva la strada superiore, che io percorrevo, cercando di colpire una nostra cannoniera che non se ne dava per inteso, benché avesse già qualche morto, e sparava continuamente di rimando. Giunto al mio vecchio baracchino del Comando di Battaglione, trovai anche il Sergente Maggiore Rossi, al quale comunicai la proroga di 48 ore di Cesari in licenza invernale, che egli già aveva saputo da uno scritto del Cesari stesso. Mentre stavo conversando col Sergente Corradi ed altri del 3° Battaglione, improvvisamente avvenne un attacco a Dolla ed un lancio di bombe degli Arditi al Vodil, da noi occupato. In linea, si trovavano ancora le Compagnie del 3° Battaglione che stavano già pronte per il cambio, mentre le nostre del 2° stavano già salendo per i camminamenti. La nostra artiglieria, visti i razzi rossi innalzati nei punti attaccati, cominciò a bombardare e dato il punto alto dove mi trovavo, vedevo nel buio della notte le  vampate delle nostre bocche dei cannoni, che non erano poche e che in media sparavano circa 200 colpi ognuna. Sembrava un inferno addirittura, il nostro baracchino tremava ed i proiettili passandovi sopra facevano udire i loro miagolii. Una mitragliatrice nemica da poco appostata sopra la vetta, sotto cui stavamo, funzionava ad intervalli, battendo le strade ed i camminamenti sottostanti. Il Colonnello Guerra che si trovava per combinazione in linea da pochi minuti, si trattenne lassù per tutta l’azione del bombardamento. Nel frattempo giunse da noi il Tenente Colonnello Ferrari che si recò egli pure a raggiungere il Comandante del Reggimento. Fu un’alternanza di telefonate da ogni dove e si inviarono rincalzi in rinforzo, che poi non servirono. Dopo circa mezz’ora, tutto andò calmandosi, ed alle ore 23,45 tutto era già ritornato cheto. Noi avemmo da lamentare solo 2 morti e pochi feriti. Giunse poco dopo anche un Maggiore della Divisione, che si recò egli pure in linea per assicurarsi dell’accaduto, e mezz’ora dopo ridiscesero tutti. Il Caporale Bonabello, Aiutante Maggiore in 1a al seguito del Colonnello Guerra, entrò nel nostro baracchino per ordini e fonogrammi e chiese chi io fossi. Gli risposi : “ Lo scritturale del Battaglione ”  egli subito aggiunse : “ Allora il nuovo Caporale ! ”  Poco dopo fu dato ordine a Riganelli di perlustrare la linea per accertarsi delle perdite nemiche. Ma non fu certo troppo fortunato perché trovò solo 9 fucili nostri, abbandonati, e 4 giberne nonché un bastone di un nostro Ufficiale ! ? ! ? La nota satirica di quella sera fu che il neo Sergente Torazza nel venire in linea, con la prescrizione di Sott’Ufficiale dello Stato Maggiore in guerra, doveva portare la pistola anziché il moschetto, lo vidi giungere lassù tutto trafelato e subito si disarmò consegnandomi la cinta ed il fodero della rivoltella, che sentendolo leggero mosse la mia curiosità.  Invece della rivoltella era rinchiusa a rotolo ..... l’ultima edizione della stampa sportiva ! Non essendogli stato possibile procurarsela, l’aveva sostituita provvisoriamente con quel giornale. Immaginate un po’ il male che avrebbe fatto al nemico con quell’arma, in caso di bisogno !  

 

La mattina del 24 Aprile furono osservate le linee per accertarsi se vi fossero dei nostri morti. Ne fu visto uno nel tratto occupato dalla 1a Compagnia, e la sera appresso fu fatto ritirare dai nostri portaferiti. Dovendo io fare servizio anche dalla mezzanotte in poi, verso le 20,30 mi adagiai nel baracchino appresso per riposare. Dopo circa mezz’ora fui svegliato da un nostro fortissimo, intensissimo, bombardamento. Che cosa era successo ? Come la sera innanzi, un po’ più a destra, il nemico aveva tentato un parziale attacco, tenacemente respinto dalla Fanteria. L’artiglieria nemica picchiava sulle trincee e camminamenti con granate e shrapnel  e poco mancò che non rimanesse ferito il nostro ciclista Spagnoli in giro, come al solito, col Tenente Colonnello Ferrari per verificare cosa accadeva. Noi avemmo alla 1a   Compagnia 4 feriti leggeri e rottura di linee telefoniche, di quelle colleganti coi Comandi di Compagnia e fu giocoforza  servirci dei portaordini con fonogrammi a mano. Durante la giornata, assistetti ad un duello d’artiglieria, fra una nostra batteria e quella nemica. La prima tirava parecchi colpi, poi ritirava il cannone in caverna, la seconda, metodicamente, sparava con calibri più grossi, riuscendo anche a far saltare, in parte, il parapetto in cemento della cannoniera. Da schegge sassose furono colpiti, nell’elmetto, l’Aiutante Maggiore in 2a Saveret ed il Tenente Colonnello Ferrari che di là passavano casualmente, di ritorno da un pranzo offerto al Comando di Reggimento dal Colonnello Antonio Guerra.

 

Il 25 Aprile l’artiglieria nemica sparò parecchio sulle nostre trincee ed avemmo due soldati feriti ed il Tenente Gusumano della 1a Compagnia pure ferito da pallottole di shrapnel ad una gamba. Nel pomeriggio si fecero anche prove di segnalazioni per l’artiglieria, con bandiere, per trovare un luogo adatto per l’impianto di una stazione eliografica. Furono portate, per gli Arditi, due passerelle “Graziani” da gettarsi sui reticolati nemici e passarvi sopra. Consistevano in una lunga pedana di tela, fornita di rete metallica interamente, che a contatto dei ferri spinati si fissava per appoggio e permetteva di salirvi sopra abbastanza comodamente. 

 

Il 26 Aprile per il telefonista Lietti, che si recò a Volarie per prelevare del filo, diedi incarico di ritirarmi il pacco inviatomi da Bologna, a mezzo di Cesari, di ritorno dalla licenza, e mi giunse oltremodo gradito. In esso mia moglie aveva posto ogni ben di Dio: Caramelle, castagnacci, crescentine alla vaniglia nonché altri oggetti utili e necessari. Macchinette per la barba, lame, specchio, scatola per sapone, salvapunte per lapis, ed oggetti reclames. Tanto i commestibili quanto i reclames li distribuii in gran parte ai miei compagni d’arme, che dimostrarono di essere molto grati di quei modesti doni. L’amico Cesari mi inviò un magnifico manuale per le caldaie a vapore, che doveva servirmi nei momenti d’ozio per prepararmi a tale esame, essendo intenzionato di procurarmi, col tempo, tale licenza.

 

Il 27 Aprile ricevetti pure in dono da mia sorella un bellissimo volume sull’industria dei Mulini, e seppi che mio fratello frate era stato tolto da Aiutante Medico all’Ospedale Margherita di Savoia e passato telefonista all’Ospedale Centrale pure di Bologna. 

 

Il 28 ebbero luogo le gare dei Plotoni Arditi a San Lorenzo, con premio di Lire 200 a quello meglio classificato. Vi prese parte anche il nostro 1° Plotone d’attacco ma fu sfortunato. Presenziò alla gara anche il Tenente Colonnello Ferrari. Sempre in questo giorno venne finalmente ultimata la bella baracca del Comando di Battaglione Vodil posta sopra uno sbalzo ripido e sotto alla roccia del dorso della montagna nemica. Dall’ingresso, che serviva anche da camera da pranzo, si accedeva a destra ad una lunga e larga camera destinata al Tenente Colonnello. Di fronte, la cameretta dell’Aiutante Maggiore ed a sinistra l’uscio di comunicazione col nostro ufficio, questo poi aveva anche un ingresso a parte con dietro la cameretta con tre cuccette sovrapposte in cui dormivano, il Sergente Torazza, il Caporale ciclista ed io sopra a tutti. Ricevetti anche una lunga lettera da Cesari in cui si lamentava che durante la licenza invernale gli era sfuggito il posto di Furiere alla sezione mitragliatrici.

 

Il 29 Aprile dalla caverna sopra di noi fu tolto un cannoncino da montagna di medio calibro per sostituirlo con un altro maggiore ed era bello vedere quegli artiglieri, erculei Alpini, caricarsi sulle spalle il cannone, l’affusto e le munizioni per il relativo cambio. 

 

Nella notte del 30 il Tenente Colonnello ispezionò tutta la linea e rientrò molto inquieto per aver trovato poca pulizia, mulattiere mal tenute ed in certe località sudiciume all’eccesso. Nel pomeriggio ebbe a ringraziarmi anche a nome della sua Signora per un pacchetto di tortellini che avevo fatto inviare per le Feste di Pasqua e che le erano giunti con molto ritardo. Mi diede incarico di tenere un breve corso al personale dello Stato Maggiore per segnalazioni con bandiere a lampo di colore, applicate all’alfabeto Morse.

 

 

 

 

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