Archivio Vittorio Mascherini

una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza

I Martiri dello Stadio

di Vittorio Mascherini

 

   

Ariosto esser vorrei

l’epiche gesta cantare,

non d’antichi guerrieri

con suon di trombe

e scalpitar di destrieri,

sventolio di stendardi

folta pioggia di dardi ;

ma de’ Garibaldi dalle tombe

far risorgere i condottieri

e a lor mostrare

dall’Alpi al Mar

legioni di Camicie Rosse

scattar come Egli  fosse

ancor la Patria a salvar.

Sia per combatter,

i secolar tiranni

son sorti i Partigiani,

pur per abbattere

la nera immonda piovra

crudel a tutta prova.

L’ubertoso suol d’Italia

asservito con inganni

da crudel forsennati,

nel 21, come domani

dall’inferno inviati,

decisi ormai a sgominarli,

son d’Italia i Partigiani.

Pronti a molestar i lor piani.

Dall’officine, campi, scuole,

da pianure, monti e mari

tutto un popol prode

scatta con giovanil ardore

come novelli crociati

gridon forte “ Dio lo vuole. ” 

Dimentichi de’ pianti amari

altro appello non ode,

nazifascisti veder cacciati.

Sangue copioso d’omin liberi

di proletari onesti e saggi

corse innocente per città,

mari, montagne e valli,

come antichi Cristiani veri.

Lavagnini, Matteotti,

Buozzi, fratel Rosselli

di que’ vil galeotti

i primi  martiri belli.

Dagli ergastoli e galere

da’ confini e sanatori

s’alzan voci fioche

incuranti de’ lor dolori,

de’ fascisti i Prigionieri,

invocando da Partigiani,

novelli giustizieri

dess’er prodi guerrieri

e sterminar i foschi negrieri.

Di que’ tapini le dure pene

termine avranno

con l’infame catene

cessaran ogni lor affanno.

L’infido crudo messaggio

del Marescial Badoglio,

la fuga del Re fellone,

ingordo di corone,

de’ Sabaudi Principi

e Generali vili,

come contro duro scoglio

l’epico Esercito Italiano

s’infranse con gran doglio,

ma de’ Partigiani la mano

dal disonor salvarlo.

Or comincia il terror !

Le cime de’ boscosi monti,

dell’ubertose colline,

le ospitali natural caverne,

i diruti antichi manieri,

rigurgitano de’ novel guerrieri.

Dalla pianura con gran furore

di novel sangue assetati,

marcian alle novelle fonti

i nazifascisti ubriacati.

Raspan come lime

strisciam come verme

per rivincita solenne.

Dal Paese di Giotto saggio

iniziò l’odio selvaggio.

Da Partigiani che all’erta stanno

l’allarme vien dato.

Crepitar fucili e mitra,

esplodon bombe a mano

il terreno è rastrellato,

e un gruppo di giovan fanti

circondavan con grand’ira

con canti come ululati

dimentichi delle madri,

de’padri, delle premesse i pianti

co’crudel tiranni al lato,

affrontan con capo alto

tremenda bufer che spira

come candidi agnelli

cinque vengan prelevati

fra i quali due fratelli

e al macello vengon portati.

Un d’essi per l’altro invoca

clemenza dalla piovra,

il più giovane è graziato

ma con caten legato.

Dalle buie stipate celle

de’ tanti rastrellati,

de’ liberi propugnatori

di nuove idee assertori

da tempo imprigionati,

gemiti affannosi e amari

da mille petti levansi

sentendo il passo allontanarsi

de’ compagni condannati.

Allo Stadio Fiorentino

il quadrato è formato

cinque bare poste al lato.

Contro l’olimpico muro

come nuovo spalto

i cinque posti furono,

un sol comando duro,

preciso fuoco repentino

del Plotone malformato,

anime pure inviò all’Alto.

Un Senese Capitano

nuovo vil maramaldo,

gli eroici corpi crivellati

ne’ feretri già gettati

l’ultimi tremiti dell’agonia 

ricoprendosi d’ignominia,

con piombo volle fermati.

Impettito di tal prodezza

il reparto inorridito della strage

per vie brucianti come brace

ricondusse alla Fortezza.

Lo Stadio con dolore

vide l’inizio dell’orrore.

Del puro sano l’odore

come immacolati gigli

di gravi furori accese

il cuor de’ Fiorentini

e con grande ardore,

vendicar i quei Tapini.

Vogliono con ardore

proteggere i propri figli.

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